Gaio Sulpicio Patercolo e Annibale Giscone: due comandanti militari che diressero la battaglia navale tra Romani e Cartaginesi combattuta tra l’isola di Sant’antioco e l’isola di San Pietro.
26.03.2024 17:56
A cura di Gianni Piredda Gaio Sulpicio Patercolo e Annibale Giscone: due comandanti militari che diressero la battaglia navale tra Romani e Cartaginesi combattuta tra l’isola di Sant’antioco e l’isola di San Pietro.
Gaio Sulpicio Patercolo e Annibale Giscone sono stati due illustri comandanti militari che, durante la prima guerra punica, si sono scontrati con le proprie flotte nello specchio d’acqua compreso tra l’isola di San Pietro e l’isola di Sant’Antioco. Essi sono stati, infatti, i protagonisti della battaglia navale tra Romani e Cartaginesi passata alla storia col nome di “Battaglia di Sulci”, svoltasi nel 258 a.C. Lo scontro non fu lungo e i Romani, più abili, riuscirono a sconfiggere i Punici in poco tempo. Vediamo in breve la storia delle loro principali imprese militari, culminate proprio nella battaglia navale che si svolse nei pressi del nostro mare.
Gaio Sulpicio Patercolo (Gaius Sulpicius Paterculus). Di lui non si conosce ne l’anno di nascita e neppure l’anno della morte. Le fonti ci dicono che fu nominato console della Repubblica Romana, nel 258 a.C., durante la guerra contro Pirro. Nello stesso anno partecipò alla battaglia di Ascoli e poi alla battaglia di Sulci. Egli appartenne alla famosa gens Sulpicia, una delle più antiche famiglie patrizie di Roma, in cui brillarono molti uomini illustri, dalla fondazione della Repubblica fino al periodo imperiale. Alla famiglia appartennero anche membri plebei, alcuni dei quali potrebbero essere stati discendenti di liberti della gens. Per l’anno 258 a.C. si parla infatti dell’impresa navale del console C. Sulpicio, il quale mosse soprattutto contro le coste della Libia, ma che riuscì pure a sorprendere, traendola in inganno, la flotta punica non molto lontano dalle coste della Sardegna. Nello scontro navale il console romano riportò la vittoria contro l’ammiraglio cartaginese Annibale Giscone, che in quanto responsabile della disfatta, venne condannato e successivamente crocifisso. Le fonti ci ricordano che il 6 ottobre 258 a.C., seguiva il trionfo de Poenis et Sardeis per le scorrerie del console Gaio Sulpicio Patercolo.
Annibale Giscone (330 a.C. / 290 a.C. circa - 258 a.C.) fu invece un condottiero cartaginese, militante durante la prima guerra punica contro Roma. I suoi sforzi risultarono vani e la sua sconfitta in battaglia anticipò la caduta di Cartagine e la posteriore esecuzione. La prima fonte storica che cita Annibale Giscone fu datata 261 a.C. come comandante della guardia a difesa della città di Akragas (Sicilia) contro i Romani. A discapito di Annibale e il suo seguito, gli abitanti si ribellarono e aprirono le porte della città ai Romani, ma lui riuscì a fuggire a Cartagine. L'anno seguente, nel 260 a.C. divenne ammiraglio della flotta distaccata a Messina. Quando venne attaccato dai Romani, riuscì a sconfiggerli e catturò il console Gneo Cornelio Asina nella Battaglia delle Isole Lipari, ma questa vittoria lo inorgoglì, e quando nella Battaglia di Milazzo convinto della superiorità della flotta cartaginese, attaccò senza particolare strategia le navi romane, perse. Annibale al comando delle navi superstiti si diresse verso le coste occidentali della Sardegna dove si scontrò, nello specchio d’acqua compreso tra l’isola di Sant’Antioco e l’isola di San Pietro, con la squadra navale romana al comando del console Gaio Sulpicio Patercolo. I Cartaginesi vennero sconfitti ed Annibale riuscì a guadagnare terra a bordo di una scialuppa ma venne catturato a terra dai suoi compatrioti della piazzaforte di Sulki e crocifisso. Lo storico Polibio narra infatti, che, dopo la battaglia navale di Mile vinta da Duilio, il duce Cartaginese Annibale, avendo già inflitta una sconfitta tra Paropo ed Imera, salpò colle navi alla volta della Sardegna, della quale i Romani, appena avevano incominciato ad esercitarsi sul mare, si erano proposti di fare acquisto. Polibio non rammenta i nomi dei consoli che ricordano invece le iscrizioni e gli annali Romani. Annibale aveva cercato riparo a Sulci, ove fu rinchiuso dai Romani e lì fu poi dai suoi stessi soldati crocifisso.
Fonti: Polibio (Storie) - Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane - Libro V) -Tito Livio (Ab Urbe condita libri/Libro II) -Cornelio Nepote (De viris illustribus) - Appiano di Alessandria (Historia Romana) - Eutropio (Breviarium ab Urbe condita)
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