Dinamiche di insediamento nell’isola di San Pietro in epoca nuragica, fenicia, punica e romana
04.08.2022 12:59A cura di Gianni Piredda. Dinamiche di insediamento nell’isola di San Pietro in epoca nuragica, fenicia, punica e romana
Dopo gli importanti lavori di scavo degli anni ‘60 condotti da Gennaro Pesce e quelli degli anni ’80 e ‘90, curati da Paolo Bernardini e Raimondo Zucca, nel secolo scorso, ricerche guidate da Wissam Khalil, a partire dal 2011-2012, hanno ampliato la conoscenza dell’occupazione del territorio insulare di San Pietro in epoca antica. Prima dell’avvento dei Fenici, Punici e Romani, l’isola di San Pietro era già abitata da popolazioni nuragiche come testimoniano i documentati nuraghi situati in località Lille, Bricco del Polpo, Laveria e Le Tanche. Molto probabilmente la popolazione indigena giunse nell’Isola per sfruttare i ricchi giacimenti di minerale, in particolare l’ocra e il diaspro, molto utilizzati per la concia delle pelli e per la decorazione. A ciò si unì anche la pesca del tonno, attività già praticata dai neolitici. La definizione di “collettore di materie prime” è, quindi, la classificazione che meglio si addice per questo tipo di insediamento, basato presuntivamente proprio sul commercio di materie prime e di beni di prima necessità. A questa tipologia va tenuto in considerazione anche l’aspetto militare-difensivo che ci viene dato dalla posizione strategica in cui sono posizionati i nuraghi carlofortini. Verso l’VIII secolo a.C. l’isola divenne colonia fenicia. I colonizzatori levantini la denominarono Inosim. Tra Fenici e Nuragici ci fu inizialmente una continuità di frequentazione già a partire dall’età del Bronzo come ci testimoniano le panelle di rame ovoidale emerse dal fondo del mare a nord di Carloforte, ipoteticamente attribuibili al Bronzo finale. I Fenici si insediarono presso l’area di San Vittorio, su un isolotto - o una penisola - oggi collegato alla terraferma mediante tomboli, dietro il quale si sviluppano le saline. La tipologia di insediamento che gli archeologi hanno preso in considerazione, nel caso di Inosim, è l’Abitato. Con Abitato si intende un insediamento stanziale, caratterizzato da almeno alcuni dei seguenti requisiti: edifici pubblici e privati, luoghi adibiti ad attività commerciali e/o produttive, aree sacre e necropolari. Inosim doveva essere un centro intermedio del sistema sulcitano e probabilmente da un lato riceveva le materie prime dai distretti minerari dell’Iglesiente mentre dall’altro raccoglieva le risorse marine della laguna, convogliandole in seguito a Sulky. L’esistenza dell’insediamento fenicio in quest’area ci viene confermata dai ritrovamenti delle ricognizioni effettuate negli anni novanta che mostrano materiali inquadrabili in un orizzonte cronologico compreso tra metà VIII e metà VII secolo a.C., in linea con altri insediamenti sulcitani di prima fondazione. Di ambiente coloniale, prodotti in ambito mediterraneo e nella Penisola Iberica, sono alcuni frammenti di anfore di cui uno in particolare del tipo Sant’Imbenia che rivela l’importante fenomeno di integrazione tra indigeni e fenici. A questi ritrovamenti, all’ambiente nuragico, va aggiunto un frammento di olla con ansa a gomito rovescio. Alla fase arcaica fenicia sono invece ascrivibili coppe a profilo curvilineo e piatti a tesa molto ristretta. Tutti questi ritrovamenti ci determinano il parametro della funzione. L’insediamento di Inosim era certamente caratterizzato da molteplici funzioni, dato che era centro urbano di popolamento e come tale doveva presentare una grande varietà di attività. La funzione commerciale era tuttavia quella che maggiormente prevaleva, in quanto Inosim era un centro di vendita e di scambio di merci con una forte apertura ai traffici locali e internazionali. All’insediamento levantino si sostituì successivamente quello punico. L’area di occupazione inizialmente rimase l’isolotto di San Vittorio. Questa ipotesi nasce da un importante ritrovamento di monete contenute in un’anfora, avvenuto nel 1828, presso le saline di Carloforte, durante i lavori agricoli. Le monete riportavano sul dritto la testa di Kore e sul rovescio un cavallo o una palma, appartenenti alla serie II, coniate dalla zecca di Sardegna tra il 264 e il 241 a.C. Tuttavia non è da escludere che in epoca cartaginese l’insediamento si sia spostato e sviluppato essenzialmente presso il centro moderno di Carloforte, a nord-ovest di San Vittorio, dove si concentrano proprio i maggiori ritrovamenti del periodo punico. Le aree in questione sono: la zona sottostante l’ex campo sportivo, quella delle Fontane, del Pozzino e della Golfa. Dal punto di vista dell’impianto funerario è interessante la testimonianza di Giuseppe Fuos, scrittore tedesco del settecento, che riporta la presenza di numerose camere a dromos, di cui una in particolare, in località Mattamme, caratterizzata da due ampie nicchie ai lati e da un disco solare sormontato dal crescente lunare, tipico simbolo della cultura punica. Un’altra tomba analoga venne scoperta nel 1943 in viale Parodo, luogo in cui nel 2012 sono stati effettuati nuovi lavori di scavo che hanno recuperato vecchie tombe ipogee e in fossa e restituito interessanti corredi funerari, collocabili tra il V e il IV secolo a.C. Altra area funerarea costituita da camere scavate nella trachite, si trova nei pressi di via Salvo D’Acquisto e via Porta Cassebba. Dalle notizie risalenti al XVIII e XIX secolo che si aggiungono ai dati raccolti durante i lavori presso la chiesa dei Novelli Innocenti si ritiene che l’area abitativa si trovava probabilmente a ovest delle saline, sull’altura del cosiddetto Bricco, in località Macchione. Dal punto di vista cultuale l’isola di San Pietro ricopriva in epoca cartaginese un ruolo piuttosto importante. Ciò è testimoniato dal ritrovamento a Cagliari, nel 1877, di una stele dalla quale si apprende che l’isola era sede del culto della divinità Baal Shamim e che doveva possedere un’importanza di rilievo visto che a Karales, importante centro punico sardo, si trovava un luogo sacro dedicato proprio al dio punico di Inosim. Dal punto di vista sociale e politico, abbiamo invece la testimonianza proveniente da una epigrafe commemorativa ritrovata nel Tofet di Cartagine, offerta da un personaggio originario di YNSM, probabilmente appartenente all’assemblea popolare. Da questa assemblea venivano eletti i sufeti, i magistrati cittadini più importanti finora attestati in Sardegna. Anche in questo caso, durante l’età punica, la categoria di insediamento presa in considerazione è l’Abitato con funzione commerciale. Non ci sono, infatti, dati che allo stato attuale riferiscano che l’occupazione cartaginese dell’isola avesse scopi differenti da quello di scalo marittimo, di luogo adibito ad attività commerciali e di area sacra e necropolare. Terminata l’occupazione punica, l’isola fu insediata dai Romani. Essi la battezzarono con il nome di Accipitrum Insula, ossia Isola degli Sparvieri. La presenza romana è attestata in due aree molto distanti l’una dall’altra. Un’area abitativa si trovava presumibilmente a ovest delle saline, in zona Macchione, pressappoco nello stesso territorio abitato dai punici. Lì sono stati, individuati, dice lo storico Giovanni Francesco Fara, alla fine del 1500, un tempietto e altri monumenti. Altre testimonianze riferiscono di un “pozzo grande” posto a breve distanza dal cosiddetto Bricco, in cui parrebbe essere stata segnalata la presenza di un castello, oggi non più esistente. A breve distanza da detta collinetta esiste una cavità scavata nel tufo che parrebbe un sepolcro di tarda età romana con all’interno delle nicchie sopra le quali sono dipinte, con malta bianca, alcune croci. Nel 1862 il canonico e archeologo Giovanni Spano, riferisce la scoperta, nel sito detto “Is Nurachis”, di un deposito di monete romane, tutte di bronzo, dell’Alto Impero. Qualche elemento di interesse lo fornì, nel 1908, anche il Prof. Cogliani, nel suo saggio di carattere storico. Egli facendo riferimento alle tombe romane scoperte agli inizi del 1900 dal Prof. Taramelli, nei pressi di Carloforte, affermava che nell’Isola, in epoca romana, era esistito un villaggio, un Pagus, che avrebbe avuto parecchi secoli di vita, per poi scomparire. L’altro centro romano, si trovava invece a sud-ovest dell’isola, in zona Spalmatore-Caletta, a circa sei chilometri di distanza da quello succitato. Lì, nel 1878, furono scoperti numerosi oggetti, tra cui monete risalenti all’età degli Antonini, e una importante necropoli. Era supponibile, dice Giuseppe Fiorelli, direttore governativo di scavi e musei nel 1879, che nell’Isola vi fosse in quell’epoca una stazione militare e militare ipotizziamo che dovette essere principalmente anche la tipologia dell’insediamento. Possiamo concludere dicendo, quindi, che l’occupazione romana, nell’isola di San Pietro, si presentava molto probabilmente con due modalità di insediamento differenti: una a carattere abitativo, l’altra di tipo abitativo-militare.
Bibliografia di riferimento: E.POMPIANU 2017; L.ZANAZZO 2018
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