LA PESCA DEL CORALLO A CARLOFORTE
26.07.2023 11:22A cura di Gianni Piredda LA PESCA DEL CORALLO A CARLOFORTE
Una delle attività più praticate dai carlofortini fu la pesca del corallo; attività importata da Tabarca nel 1738. Una volta insediatisi a Carloforte i tabarchini continuarono la tradizione degli avi in quanto i banchi di corallo erano particolarmente abbondanti anche nell’arcipelago sulcitano e si estendevano addirittura dall’isola di Mal di Ventre, a Nord dell’arcipelago, sino a Capo Teulada, a sud dell’arcipelago. Il corallo carlofortino, che veniva acquistato da commercianti provenienti da Genova, Livorno e Torre del Greco, era costituito dalle qualità denominate: "color rosa", rarissimo e di grande pregio; "colorito rosso vivo" (detto mostra), a cui si accompagnavano anche qualità più scadenti, denominate "sottomostra", "corpo di corallo", "terraglio" e "sbianchito chiaro". Il periodo di pesca iniziava tra aprile-maggio e durava sino alla prima domenica di ottobre. La pesca veniva praticata a profondità variabili tra i 100 e i 140 metri circa, a diverse distanze da terra a seconda del tonnellaggio delle imbarcazioni. Prima di procedere con la pesca il padrone e i marinai recitavano una preghiera propiziatoria a San Pietro, protettore dei pescatori. Per estrarre dal fondale marino i banchi coralliferi si utilizzava principalmente un attrezzo particolare detto “ingegno”. L’attività di pesca durò sino al 1970 dopodichè nessuno si avventurò più alla ricerca del corallo. I motivi molto probabilmente vanno ricercati nelle massacranti condizioni di lavoro aggravate anche da una forte tassazione imposta dallo Stato verso la fine degli anni Settanta a coloro i quali praticavano la pesca del corallo.
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