Storia medioevale dell'isola di San Pietro

10.06.2024 17:29

 

A cura di Gianni Piredda   L’Impero romano d’Occidente cadde nel 476 d.C. e così terminò anche in Sardegna il lungo periodo di dominazione. Da allora frequenti furono le incursioni dei Vandali e Saraceni, i quali avevano occupato l’isola di Solci intorno all’VIII secolo mentre gli abitatori dell’isola degli Sparvieri erano emigrati altrove, lasciandola deserta. Dunque dall’VIII secolo d.C. sino al 1200 non esistono fonti storiche che testimoniano la presenza umana. Esistono invece testimonianze relative all’importante ruolo che ricopriva l’isola nel campo della navigazione, soprattutto d’altura. L’autore del più antico portolano medievale, datato 1296, chiamato “Lo Compasso de navegare”, appena agli albori della navigazione, forniva un’accurata descrizione delle rotte d’altura (dei peleggi) che si realizzavano dall’isola di San Pietro verso la Catalogna. La Provenza e la riviera genovese. Sicuramente ciò farebbe pensare che l’isola, pur essendo ancora disabitata, ricoprisse all’epoca un ruolo marittimo tra i più importanti del Mediterraneo. Altri portolani medioevali successivi al Compasso, confermano l’importanza del ruolo marittimo ricoperto dall’isola nel campo della navigazione. Da e per l’isola si tracciavano, infatti, le rotte più lunghe che erano dell’ordine di 600-700 miglia, realizzandosi tra Capo de Gata (o Capo de Palos) e l’isola di San Pietro stessa. Le prime manifestazioni della presenza umana nel Medioevo si fanno risalire all’arrivo dei monaci Benedettini, dopo il 1200, che vennero chiamati dal Governo Giudicale. Essi si insediarono nel territorio insulare di San Pietro coltivando la terra, praticando le attività della pesca, soprattutto quella del tonno e si adoperarono per costruire le prime saline e peschiere. I ritrovamenti di ruderi ne sono la conferma. In quegli stessi anni, e precisamente nel 1212, dalla testimonianza del monaco Alberico, deceduto nel 1252, l’isola divenne teatro di un tragico avvenimento: due di sette navi, che trasportavano fanciulli in Terra Santa per partecipare ad una crociata, naufragarono presso la cosiddetta Rupe del recluso, che potrebbe corrispondere allo Scoglio dell’eremita, sulla punta di Nord-Est dell’isola Piana. Le correnti trasportarono i corpi dei fanciulli lungo le coste orientali dell’isola. Il luttuoso avvenimento ebbe una risonanza tale da impegnare il papa Gregorio IX a far costruire una chiesetta per i Novelli Innocenti con lo scopo di custodire i corpi dei poveri bambini morti nel naufragio. Seguendo la testimonianza di Alberico, si può ben pensare, che sia stato proprio l’intervento del Papa con la costruzione della chiesetta a conferire inizialmente all’isola di San Pietro un ruolo di tutto rispetto nel panorama sulcitano, anche quando le scorrerie dei Saraceni costrinsero gli abitanti del territorio ad abbandonare le proprie terre per molto tempo.  Dalla fonte si evince che al fine di mantenere custodito il Santuario in un luogo disabitato quale era l'Isola nel XIII secolo, Gregorio IX istituì dodici prebendari che dovevano mantenere vivo il culto cristiano nel territorio. L'inglese G. Zabriskie-Gray, autore del libro The Children's Crusade sostiene che l'isola di San Pietro fu da allora sempre frequentata come luogo di preghiera e la storia dei bambini crociati fu ascoltata con particolare interesse per molto tempo. Ciò fu dovuto al fatto che i visitatori potevano vedere ancora integri i corpi dei piccoli naufraghi. In un'epoca di pellegrinaggi in luoghi sacri una chiesa come quella dei Nuovi Innocenti, nel Medioevo, non poteva quindi non acquistare valore di fede per la cristianità. La sua fama si estese, con il trascorrere dei secoli, anche oltre i confini della Sardegna divenendo un importante luogo di culto per gran parte dei popoli che si affacciavano nel Mediterraneo occidentale. L'isola di San Pietro fu considerata “Sacra” in quanto lì vi erano custodite le spoglie di quei piccoli martiri della cristianità. Solo dopo molti decenni l'interesse per quel “sepolcro” svanì e il numero dei visitatori nell'isola di San Pietro diminuì. Alcuni storici sostengono che i prebendari, dopo circa tre secoli di attività lasciarono l'Isola (probabilmente i sacerdoti abbandonarono la chiesetta intorno al XVI secolo). Fu così, dice lo storico Zabriskie-Gray, che i fanciulli furono lasciati a riposare nella loro tomba trascurata e abbandonata. L'isola rimase, dunque, deserta ma sotto il controllo dei Turchi e Saraceni che iniziavano a minacciare le coste mediterranee, tra cui anche quelle sarde: le loro navi apparivano armate e votate alla conquista. A causa delle loro incursioni lungo le coste si dovette più volte ricorrere all’aiuto delle navi cristiane, quelle spagnole, che solcavano quei mari promettendo agli armatori alte ricompense per ogni nave affondata e per ogni uomo catturato. Sono gli anni in cui l’isola di San Pietro divenne terra di scambi commerciali fra mercanti e pirati e centro di scambio di schiavi e prigionieri ma anche luogo di approdo temporaneo per le navi in rotta nel mediterraneo.

Nel 1258, l’isola andò sotto la dominazione pisana e nella prima metà del XIV secolo entrò a far parte dei Catalano-Aragonesi. Questi conquistarono la Sardegna il 19 giugno 1324, costringendo i Pisani, stanziatisi nell’isola madre dal 1258, a cedere definitivamente il territorio sardo. L’impresa militare iniziò il 30 maggio 1323 e fu guidata dall’Infante Alfonso il Benigno, figlio legittimo di Giacomo il Giusto. È in questa occasione che l’infante aragonese, prima di approdare nel porto di Palma di Sulci, sostenne, come disse, infatti, allo stesso Giudice d’Arborea Ugone II, di essere giunto di sera all’isola di San Pietro il 10 giugno del 1323, di sabato, dove ivi sostò per approdare il giorno 11 giugno, domenica al porto di Palmas di Sulci. La storia ci racconta, inoltre, un altro avvenimento risalente a quel periodo: nel XVI secolo, era ancora salda l’alleanza tra Iberici  e il Giudicato d’Arborea. Giudice dello Stato sardo era all’epoca Pietro III de Bas-Serra, uomo fedele alla corona aragonese e amante della caccia. Si dice infatti, che il sovrano avesse un falconiere privato, Pietro Figus, e mandasse ogni tanto pregiati falconi e astori al re Alfonso III (o IV) il Benigno. Nell’inverno del 1334 una sua spedizione di parecchi volatili fallì per l’affondamento della nave presso l’isola di San Pietro. L’isola divenne nuovamente luogo di approdo nel 1409 per le navi iberiche, in piena Guerra Nazionale, combattuta tra Arborensi e Catalano- Aragonesi. Esiste infatti una lettera del sovrano iberico Martino il Vecchio, in cui egli rispose al figlio primogenito, re Martino il Giovane, giunto in Sardegna a Castel di Cagliari il 7 maggio con 22 navi da trasporto per il grande conflitto. La lettera, datata I giugno 1409, diceva: “Re molto caro primogenito, abbiamo avuto moltissimo piacere che la squadra dei Siciliani sia giunta con voi, e lodiamo molto di come abbiate provveduto a far ormeggiare le vostre galere nell’isola di San Pietro (…)”. Successivamente, nel 1420, la storia ci racconta inoltre che il grande navigatore genovese, Cristoforo Colombo, ancora ventenne, prima ancora di intraprendere le rotte di esplorazione verso le tanto attese Indie, in qualità di comandante di una nave proveniente da Barcellona, sostò per un tempo imprecisato nell’isola. Soltanto a partire dal 1600 l’Isola, secondo la relazione di A.Tagliafico, fu probabilmente di nuovo frequentata, anche se non continuativamente, perché essa non rimase priva di difesa, come risulta da alcuni documenti esistenti nell’Archivio di Stato di Cagliari. È possibile infatti che in quel periodo un piccolo insediamento sia esistito nell’Isola: questo lo si deduce dalla data 1708 scolpita in una parte di una casetta di campagna in regione Golfa.

 

LA SITUAZIONE STORICO-POLITICA DELL’ISOLA DI SAN PIETRO DAL 900 D.C. AL 1738

La storia medievale dell’isola di San Pietro trae direttamente indicazioni e riferimenti cronologici dalla storia della Sardegna. Pertanto gli avvenimenti che vanno dal 900 d.C. al 1738 fanno parte proprio della storia della Sardegna che caratterizza anche la storia geopolitica di San Pietro. Dal 900 d.C. l’Isola appartenne all’antico Regno o Giudicato di Kalàri e fu inserita nella quindicesima Curatoria (o circoscrizione) denominata Sulcis, con capoluogo Sant’Antioco. Nella primavera del 1066, furono fatti arrivare in Sardegna dal giudice dell’omonimo regno (Orzocco Torchitorio I) I Cassinesi e successivamente i Vittorini di Marsiglia (Benedettini), la cui presenza nell’Isola si ebbe dopo il 1200. Poi, con lo smembramento del Giudicato, avvenuto nel 1258, data che segnò la fine de jure dell’omonimo regno, l’isola di San Pietro con la curatoria di Sulcis, divenne un territorio della Repubblica comunale di Pisa.  Dopodiché l’isola entrò a far parte del regnum Sardiniae et Corsicae, istituito nel 1297 da papa Bonifazio VIII e infeudato al catalano Giacomo II il Giusto, re della Corona d’Aragona. Dal 1365 al 1409, dopo un lungo ed estenuante scontro militare tra Iberici e Arborensi, questi ultimi conquistarono quasi tutto il territorio sardo, annettendo anche l’isola di San Pietro. Dopodiché essa, con la caduta del Regno d’Arborea, fu incorporata alla Corona d’Aragona, definitivamente sino al 1478. Con l’avvento di Ferdinando il Cattolico (1479) cessò il periodo di governo aragonese e iniziò l’poca della dominazione spagnola in Sardegna e l’isola di San Pietro divenne territorio della corona spagnola, lasciata però libera da ogni controllo politico e militare. Essa fu terra di proprietà degli Spagnoli sino al 1720, eccettuato il periodo tra il 1708 e il 1717, dominio degli Austriaci. Dopodiché, con il trattato di Londra, la Sardegna, e quindi anche l’isola di San Pietro, passò sotto il governo sabaudo e nel 1738, per opera dell’omonimo governo, l’Isola fu colonizzata dal popolo tabarchino di origine ligure.

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